Depressione post partum - Bologna

Depressione post partum - Bologna

Le zone d’ombra dell’attaccamento

“... Ma chi è costui??
Chi è costei?
È mio figlio/a!
Eh sì, perché l’ho visto/a uscire dal mio corpo (e che male per giunta!) ... Non può che essere lui/lei... MIO FIGLIO/A.

Sì, lo è davvero, ha anche gli occhi azzurri come me e tutti qui intorno sembrano aver capito perfettamente chi è.

Tutti. Tranne me.

Qualcosa non mi torna, lo vedo ma non lo riconosco, lo so ma non lo sento.”

Et voilà, il baratro.

Ecco come potrebbe essere il vissuto di alcune donne, neo mamme, nell’‘incontro con il nascituro.

È così che questi vissuti possono insinuarsi nel cuore e nella mente di una mamma che, ahimè, aveva tutt’altre aspettative.

E da lì il rapporto ha inizio.

Un rapporto fatto di soddisfacimenti unilaterali, dove la mamma può sentirsi deprivata della propria identità di donna e della propria indipendenza, e per giunta per un “esserino” che non riconosce.

Eh sì, perché il piccolo è altro da ma anche parte di, e quest’ultimo, l’aspetto narcisistico, è importante che sia presente nella mamma per sollecitare in lei il sistema motivazionale dell’accudimento-cura.

Alcune donne in talune circostanze, invece, non riconoscono tale aspetto, ovvero quello del vedere il proprio figlio come parte di loro, ma lo identificano solo come individuo a sé stante; talmente tanto che diventa estraneo al Sé della madre.

Spesso, in associazione a questo sentimento di estraneità, viene scorporata la componente affettiva/istintiva, ormonale e fisiologica, che dovrebbe fungere da vero e proprio “tessuto connettivo” della diade, da collante per la coppia, definendo così il prendersi cura non come un atto meccanico ma come movimento autentico e spontaneo, che spinge il care-giver verso il proprio piccolo con una carica importante di amorevolezza percepita.

La cura e protezione dei piccoli, lo vediamo anche con l’etologia e lo studio dei primati, ci dice che questi ultimi hanno un istintivo bisogno di proteggere e nutrire i piccoli semplicemente perché lo sentono; a volte però nel sistema diadico qualcosa si inceppa per cui il care-giver finisce per prendersi, sì, cura del piccolo, ma perché lo deve fare, mosso dunque da un Must razionale che diventa però privo di naturalezza.

Questo sentimento di estraneità è chiaramente molto doloroso da gestire per la neo mamma, sia perché non era certamente nelle aspettative di quest’ultima, sia perché rende il già faticoso lavoro del genitore ancora più gravoso, e diventa quasi un nonsense in quanto non si riesce a coglierne il significato intrinseco racchiuso nell’affettività.

Da qui poi, per quanto possa sembrare una problematica solo nella mente della madre, finisce per diventare un disagio nella relazione perché il piccolo avverte, certo, una presenza fisica ma anche una sorta di “assenza”, e questo fa sì che “passi” in lui un senso di irrequietezza interna che non lo calmerà ma che lo agiterà; da qui inizierà un circolo vizioso che peggiorerà la situazione anche nella mente della mamma che, nonostante una grande fatica percepita nell’occuparsi del suo piccolo, non sentirà nessun risarcimento emotivo fatto di sorrisini e sonni tranquilli bensì strilli, pianti inconsolabili e notti insonni.

Tutto ciò è davvero penoso e frustrante per la neo mamma che vorrebbe sentire di più il proprio figlio ma che non riesce poiché non è proprio nei suoi registri interni in questa situazione di disagio.

Talvolta la situazione è anche più seria perché talune mamme francamente rifiutano il piccolo lasciandolo in gestione quasi totalmente al padre o ad altri familiari, chiuse in un isolamento molto doloroso e disarmante associato a una forma di stanchezza cronica, affaticabilità, paura, tristezza e a pianti.
Dunque si va da una condizione più lieve di disagio emozionale definita “baby blues”, che ha un’incidenza sulla popolazione molto elevata (almeno di una donna su due), a una molto più seria, la così detta “Depressione Post-Partum”.

Vi è una multifattorialità nell’emergere di questi sintomi: primo fra tutti la brusca caduta ormonale la quale, insieme alla difficoltà del travaglio e al fatto di trovarsi così, improvvisamente, in una situazione nuova fatta di maggiori responsabilità, può creare una forte ansia nella madre che può co-concorrere all’insorgere di questo disagio.

La cura spesso non è necessario che sia farmacologica perché, soprattutto se si presenta come forma più lieve, la depressione è transitoria e può cessare anche già entro i primi dieci giorni dalla nascita, ma è importante una vicinanza calda delle persone amate, ecco che questo può fare davvero la differenza. Diversamente occorre richiedere il supporto di uno psicoterapeuta che aiuti la neo mamma in difficoltà a riportarla in contatto con la sua parte affettiva-calda portandola a capire “dove e perché” si è inceppata.

Mi preme dire però a queste neo mamme in difficoltà che il loro disagio NON È UNA COLPA ed è molto comune e soprattutto spesso transitorio!

Non abbiate paura, mamme, parlate di come vi sentite con le persone a voi più care, del vostro problema o cercate aiuto, evitate di isolarvi e di chiudervi in voi stesse!

Dott.ssa Chiara Satanassi
Psicologa e Psicoterapeuta a Bologna


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Dr.ssa Chiara Satanassi

Psicologa Psicoterapeuta

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Iscritta all'Ordine degli Psicologi e degli Psicoterapeuti della Regione Emilia Romagna

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