Con il termine Lutto si intende tutto ciò che l’individuo vive come perdita.
Per cui, non solo la morte di una persona cara, ma anche la fine di una storia importante, un licenziamento o addirittura la disintossicazione da una dipendenza.
Insomma, tutto ciò che una persona vive come fine di qualcosa o di una relazione ritenuta importante.
Tutti i lutti sono elaborabili, per quanto possano essere gravi e intensi, potenzialmente risolvibili o, meglio, integrati nel proprio senso di Sé.
Dico potenzialmente perché comunque il tempo di elaborazione dipende da molti fattori:
Perché, a volte, proprio in base alla commistione di questi tre fattori sopra descritti, l’elaborazione del lutto può incepparsi e, di conseguenza, non essere più elaborato: per esempio, se una perdita è gravissima , come potrebbe esserlo la perdita di un figlio in contingenze improvvise e traumatiche (malattia fulminante e/o morte violenta), e il soggetto che vive il lutto tende a “coprire” il vissuto doloroso non manifestando in alcun modo la sofferenza provata poiché probabilmente strutturalmente deficitario a tal proposito, ecco che si presentano tutti gli ingredienti possibili per far sì che il lutto non si elabori.
Generalmente, il tempo che una persona sana deve far passare per elaborare il lutto è un anno, il giro di boa normalmente necessario per processare il dolore esperito.
Ovvio che se si tratta di un lutto grave come la perdita di un figlio, magari piccolo, anche nella migliore delle ipotesi l’anno non basta per elaborarlo, occorre ben più tempo.
Può accadere che il soggetto viva una qualunque altra perdita e che dopo anni si ritrovi, pensandoci, a provare un forte inspiegabile disagio: ecco che questo può diventare la cartina tornasole del lutto non elaborato.
Dott.ssa Chiara Satanassi
Psicologa e Psicoterapeuta a Bologna
Psicologa Psicoterapeuta
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Iscritta all'Ordine degli Psicologi e degli Psicoterapeuti della Regione Emilia Romagna